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«Il mondo del digital è bello, ma poco aderente al tessuto economico e produttivo del nostro Paese. I fondi di venture sono piccoli e il rischio, come spesso è avvenuto, è che  le startup di qualità facciano qui un piccolo passo, per poi trasferirsi a Londra o negli States», spiega a Startupitalia!, Stefano Peroncini, amministratore delegato di EUREKA! Venture SGR, che dopo aver ottenuto l’autorizzazione ad operare come SGR da parte della Banca d’Italia lancerà la raccolta per “Eureka! Fund I – Technology Transfer”, fondo di venture capital che investe nel deep tech. 

Stefano ha una lunga esperienza nel mondo del venture capital: è stato già fondatore e Ceo di Quantica SGR, il fondo che ha investito nella biotech EOS, ceduta all’americana Clovis Oncology per la cifra “monstre” di 470 milioni di dollari, ancora oggi la exit più significativa del venture capital italiano.

In quest’intervista ci racconta cos’è Eureka! e come gli investimenti in deep tech stanno crescendo in Italia e all’estero.

 

18 miliardi di investimenti nel deep tech nel 2018

Con il termine deep tech ci si riferisce a quell’insieme di tecnologie innovative che nascono da scoperte scientifiche, in campi come ingegneria, matematica, fisica e medicina. Parliamo di innovazioni in settori come il life science, food, agritech, nuovi materiali, energia, intelligenza artificiale ecc.

«Gli investitori si stanno spostando tutti in quest’area. Anche in Europa i segnali sono incoraggianti (la UE ha dato vita a un fondo di 3,5 miliardi, proprio rivolto al deep tech, ndr). Eureka!, nello specifico, si occuperà di investire in progetti di ricerca scientifica nel campo dei materiali (advanced material). Abbiamo già stretto accordo con 20 centri di ricerca del Paese, tra cui in primis l’Istituto Italiano di Tecnologia, Il Politecnico di Torino e anche il Kilometro Rosso, l’Innovation District promosso dall’industriale Bombassei della Brembo», spiega Stefano.

Il Ceo di EUREKA! Venture SGR sottolinea quanto sia decisivo, specie in un Paese come l’Italia, che vanta ancora oggi la seconda industria manifatturiera in Europa, aumentare l’attenzione verso gli investimenti in nuovi materiali, trasversali a tutti i settori industriali e in grado di far nascere una nuova generazione di prodotti e innovazioni che siano anche sostenibili da un punto di vista produttivo e ambientale.:

«Negli ultimi anni, l’attenzione del venture capital in Italia è stata posta quasi sempre sul digital, ma non è quello il settore sul quale siamo davvero bravi. È difficile che in Italia possa nascere un unicorno in questo campo, dato che manca l’ecosistema dei fondi che inietta continuamente benzina nel settore. La vera partita, invece, si gioca rivolgendosi alle università, puntando sui centri di ricerca, dove ci sono le opportunità per creare nuovi lavori e imprese, basate sulla tecnologia, l’innovazione e i brevetti, grazie ai tanti anni di ricerca spesi in laboratorio da scienziati e ricercatori che sappiamo essere tra i numeri uno al mondo, e che abbiano un vero mercato qui e all’estero».

 

Eureka, uno dei fondi selezionati da ITATech

Eureka! è uno dei cinque fondi selezionati da ITATech, la piattaforma italiana che investe in centri di ricerca, università e startup, frutto di un’iniziativa congiunta di Cassa Depositi e Prestiti e del Fondo Europeo per gli Investimenti (per una cifra complessiva di 200 milioni).

In ITATech, Eureka! è in compagnia di Progress Tech Transfer di MITO Technology, Poli360 promosso da 360Capital Partners e Politecnico di Milano, Sofinnova-Telethon  e Vertis Venture 3 Technology Transfer di Vertis sgr:  «Attendiamo il via libera di Banca d’Italia e oggi siamo in fase di raccolta: 50 milioni di euro il nostro target, con un primo closing a 40. A regime, il nostro obiettivo è di realizzare circa 30 investimenti, più una quindicina di follow-on (successivo investimento nel capitale di rischio di un’impresa già partecipata dallo stesso investitore, ndr), dalla fase di proof of concept passando dal seed capital sino al round A».

 

Si rafforza la collaborazione tra CDP E FEI

L’intervista a Stefano cade in un’altra giornata storica per l’ecosistema dell’innovazione italiano, quella che sancisce il rafforzamento della partnership tra CDP e FEI che hanno sottoscritto un accordo di co-investimento a supporto del Private Equity e Debt per le PMI«Avere soggetti come CPD e FEI diventa fondamentale perché faranno da traino per nuovi investitori istituzionali. Senza di loro sarebbe difficile e troppo rischioso far partire un nuovo fondo interamente dedicato ad investire in ricerca,nuovi brevetti e relative startup e spin-off.  Grazie al loro sostegno, sarà sempre più possibile trasferire la ricerca scientifica nel mercato, avendo un vero impatto sull’economia reale».