Ultimo aggiornamento il 9 Gennaio 2021 alle 16:30
Che cos’è Parler. E perché Trump cerca un social dopo il ban di Twitter
Dopo la decisione storica dell'azienda di Jack Dorsey, come evolverà la comunicazione del tycoon?
Galeotta non fu la cacciata permanente da Twitter. Il feeling tra Donald Trump e Parler, social fondato sul free speech nel 2018, risale almeno alla scorsa estate. All’epoca su Forbes, infatti, è stata pubblicata l’intervista al CEO di questa piattaforma sconosciuta ai più e di cui molto si sta parlando nelle ultime ore, soprattutto dopo la decisione di Twitter di chiudere definitivamente il profilo di Trump (quasi 90 milioni di follower). Ha fomentato la violenza che si è manifestata a Capitol Hill, l’accusa della multinazionale guidata da Jack Dorsey. «Non ci sono fact checker. Non ti verrà detto cosa pensare e cosa dire. Un agente di polizia non ti arresterà se hai l’opinione sbagliata. Credo che sia tutto quello che la gente vuole», così si era espresso John Matze, founder di Parler. Stando ai commentatori, Trump potrebbe trovare una nuova casa sotto il suo tetto.
A primo impatto, Parler è un social molto simile a Twitter. Trump non ha ancora aperto un profilo ufficiale, ma da anni sono attivi diversi profili – Team Trump è la dicitura più frequente – e su alcuni di questi sono stati pubblicati gli stessi contenuti bloccati nelle scorse ore sul social dei 480 caratteri. Ad esempio, è visibile il filmato in cui Donald Trump chiede ai violenti di Capitol Hill di tornare a casa in pace, pur ribadendo la presunta «frode elettorale» da lui subita alle elezioni dello scorso novembre.
Nell’intervista già citata al founder di Parler si comprende quanto la libertà di espressione e il primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti siano il vero motore che anima il social network. Stando alla visione di Matze, il modo migliore per contrastare un’idea sbagliata è quella di confrontarsi in un dibattito pubblico. Purtroppo – e la storia dei social degli ultimi anni lo dimostra – i contenuti fake difficilmente vengono sgonfiati sulle piattaforme, neppure di fronte a incontrovertibili dimostrazioni della loro infondatezza.
Fonte: profilo Twitter Donald Trump
A meno di due settimane dall’insediamento di Joe Biden, la partita sui social e sul loro ruolo in questa vicenda resta aperta. Dopo la decisione storica di Twitter di bandire Trump dalla propria piattaforma, non sono escluse decisioni analoghe da parte di altre multinazionali che nelle ultime ore avevano sospeso temporaneamente i profili del tycoon dopo l’irruzione a Capitol Hill. Intanto l’app di Parler non è più disponibile sullo store di Google, ma è possibile iscriversi tramite pc.